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X – Men: Dark Phoenix, la recensione: una conclusione tra potere, identità e destino

La recensione di X-Men: Dark Phoenix, il film di Simon Kinkberg con James McAvoy, Michael Fassbender, Sophie Tuner e Jessica Chastain.

“Chi siamo? Siamo semplicemente ciò che gli altri desiderano? Siamo condannati a un destino che non siamo in grado di controllare? O possiamo invece evolvere e diventare qualcosa… di più?” Con queste domande si apre X-Men: Dark Phoenix, l’ultimo capitolo di una delle saghe supereroistiche più longeve e complesse del panorama cinematografico. Distribuito da 20th Century Fox e diretto dall’esordiente Simon Kinberg – già sceneggiatore di diversi episodi precedenti – il film segna la fine di un ciclo narrativo durato quasi vent’anni, affrontando temi profondi come il libero arbitrio, l’emarginazione e la trasformazione personale.

Il cuore del racconto è la figura di Jean Grey (interpretata da Sophie Turner), che durante una missione nello spazio assorbe l’energia di una misteriosa entità cosmica. Questa forza, tanto affascinante quanto distruttiva, potenzia le sue abilità mentali fino a renderla la creatura più potente dell’universo. Tuttavia, il dono si rivela ben presto una maledizione: Jean diventa instabile, incontrollabile, capace di ferire le persone a lei più care. Il suo cambiamento sconvolge l’equilibrio del gruppo degli X-Men e ne mette alla prova la coesione proprio nel momento in cui un nuovo, subdolo nemico entra in scena: una misteriosa antagonista interpretata da Jessica Chastain, che cerca di manipolare Jean per i propri scopi.

Il film si sviluppa come un dramma intimo più che come un action convenzionale. Kinberg lo concepisce come una riflessione sull’identità e sulla fragilità umana, piuttosto che come un’esplosione di effetti speciali. Le relazioni tra i personaggi vengono poste al centro: Charles Xavier (James McAvoy), figura guida e simbolo di moralità, si trova a dover fare i conti con le proprie scelte discutibili; Magneto (Michael Fassbender), eterno antieroe, è combattuto tra desiderio di pace e vendetta; Raven (Jennifer Lawrence), ormai disillusa, incarna il rifiuto verso ogni autorità imposta. La narrazione si mantiene tesa, carica di dilemmi morali, eppure non priva di momenti spettacolari e visivamente suggestivi.

L’aspetto tecnico del film è notevole. Girato a Montreal in sei mesi, Dark Phoenix abbandona in parte lo stile patinato dei capitoli precedenti per abbracciare un’estetica più cruda e realistica. Il direttore della fotografia Mauro Fiore – già premiato con l’Oscar® per Avatar – utilizza una macchina da presa spesso manuale, favorendo l’immediatezza e l’empatia visiva. Anche la scenografia di Claude Paré contribuisce a costruire un’atmosfera malinconica e più matura, che si sposa con il tono drammatico della storia.

Particolare menzione merita la colonna sonora di Hans Zimmer. Le sue composizioni, potenti e cupe, accompagnano perfettamente il viaggio emotivo di Jean Grey, enfatizzando lo scontro tra luce e oscurità che caratterizza la sua trasformazione. La musica non si limita a fare da sfondo, ma diventa elemento attivo della narrazione, veicolando ansia, dolore e speranza.

La forza del film risiede anche nel suo cast. Sophie Turner offre una prova intensa e vulnerabile, riuscendo a rendere credibile la progressiva disgregazione interiore di Jean. Jessica Chastain è glaciale e inquietante, anche se il suo personaggio resta volutamente ambiguo. Fassbender e McAvoy confermano ancora una volta la profondità emotiva dei rispettivi ruoli, mentre Jennifer Lawrence, seppur in una parte ridotta, aggiunge spessore alla storia.

Uno dei punti centrali della pellicola è l’inclusività, non solo come tema narrativo – con i mutanti come metafora delle minoranze – ma anche come scelta di rappresentazione. Come sottolineato dallo stesso cast durante la conferenza stampa, il fatto che al centro della storia ci sia una donna potente e complessa rappresenta un passo avanti importante per il cinema di genere. Tuttavia, Jessica Chastain ricorda con schiettezza che questa evoluzione non è merito esclusivo degli studios, ma della volontà del pubblico di vedere storie più diversificate.

In definitiva, X-Men: Dark Phoenix è un film imperfetto ma coraggioso, che sceglie di chiudere la saga con toni più riflessivi e meno roboanti del previsto. Alcune scelte narrative possono risultare discutibili o affrettate, e non tutti i personaggi ricevono lo spazio che meriterebbero. Tuttavia, la pellicola riesce a toccare corde profonde, lasciando un senso di compiutezza e malinconia. È una fine che guarda al passato con rispetto, ma anche al futuro con consapevolezza, ponendo domande che vanno ben oltre i confini del genere supereroistico.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

6


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