Yorgos Lanthimos: il regista che usa l’assurdo per deformare la realtà e indagare temi come identità, potere e alienazione.
Yorgos Lanthimos è uno di quei registi che, fin dal primo incontro con la sua opera, lascia un’impronta duratura. La sua originalità e la capacità di mettere in discussione la percezione della realtà lo rendono una figura unica nel panorama cinematografico contemporaneo. Nato ad Atene nel 1973, Lanthimos ha intrapreso un percorso artistico atipico, muovendo i primi passi nei mondi della pubblicità e dei videoclip musicali. Queste esperienze, lontane dal cinema tradizionale, hanno affinato il suo occhio visivo e contribuito a costruire uno stile espressivo immediatamente riconoscibile.
L’assurdo come chiave di lettura del reale
Fin dagli esordi, Lanthimos ha elaborato un’estetica rigorosa e straniante: inquadrature geometriche, movimenti di macchina lenti e scenografie essenziali compongono un universo visivo che trasmette alienazione e inquietudine. Gli spazi in cui agiscono i suoi protagonisti sono spesso privi di calore, quasi asettici, e riflettono la disumanizzazione dei rapporti interpersonali e la freddezza delle dinamiche collettive.
A intensificare questa atmosfera contribuisce una recitazione volutamente spoglia, gli interpreti adottano infatti toni piatti, quasi automatici, e i dialoghi risultano scarni, ridotti all’osso. Questa scelta stilistica non mira al realismo, ma intende incrinare l’immediatezza emotiva, mettendo in luce quanto le convenzioni sociali possano deformare l’autenticità delle relazioni umane.
Uno dei casi più rappresentativi di questa poetica è Dogtooth, l’opera che ha consacrato il regista sulla scena internazionale. La narrazione, centrata su una famiglia completamente isolata dal mondo esterno, ruota attorno a una manipolazione sistematica del linguaggio: i genitori alterano il significato delle parole, costruendo un microcosmo artificiale e oppressivo. Questo esperimento narrativo si configura come una potente metafora del processo educativo e del ruolo che il linguaggio esercita nella formazione della percezione del reale.
Premiato a Cannes nella sezione Un Certain Regard e candidato all’Oscar come miglior film straniero, Dogtooth va oltre il semplice paradosso narrativo. Indaga la fragilità dei legami affettivi, la brutalità dell’autorità e il sottile equilibrio tra protezione e imposizione, restituendo un’immagine disturbante del processo di costruzione dell’identità.
Successivamente, Lanthimos ha proseguito la sua indagine autoriale declinando l’assurdo in direzioni differenti. The Lobster rappresenta uno dei suoi esperimenti più efficaci. Ambientato in un futuro distopico dove i single devono trovare un partner entro un tempo limite, pena la trasformazione in un animale, il film affronta in chiave grottesca i temi dell’amore, del conformismo e delle pressioni sociali. Il sentimento viene ridotto a un insieme di regole arbitrarie, sottoposto a vincoli tanto assurdi quanto spietati, che riflettono le logiche coercitive della società contemporanea.
E se The Lobster indaga le dinamiche dell’appartenenza e della vita di coppia, Il Sacrificio del Cervo Sacro esplora territori più cupi, ispirandosi alla tragedia greca. Un chirurgo è costretto ad affrontare un dilemma morale insostenibile: per salvare la propria famiglia, dovrà scegliere chi sacrificare. Il film si trasforma così in una riflessione sul concetto di giustizia, sulla colpa e sull’enigmaticità del destino. La tensione è costante e soffocante, mentre le leggi divine si sovrappongono a quelle umane, lasciando lo spettatore immerso in un limbo etico perturbante.
Con The Favourite, Lanthimos cambia ambientazione ma non registro espressivo. Ambientato nella corte inglese del XVIII secolo, il film mette in scena una spietata lotta di potere tra tre donne per ottenere il favore della regina, e anche in questo contesto emergono le logiche di manipolazione e controllo, ma filtrate attraverso un tono più ironico e tagliente. I dialoghi sono affilati, le situazioni ambigue, e il gioco di ruoli assume i tratti di una commedia nera sulla vanità dell’ambizione.
Poor Things segna un ritorno a un’estetica visionaria e grottesca, ma anche un’evoluzione tematica. La protagonista, riportata in vita da un esperimento scientifico, intraprende un percorso di scoperta del mondo e di sé stessa, rigettando le convenzioni che vorrebbero limitarne l’identità. È un racconto di emancipazione surreale, dove l’assurdo non è più soltanto deformazione del reale, ma strumento di liberazione. Il film, acclamato dalla critica e vincitore del Leone d’Oro a Venezia, incarna una forma di femminismo radicale, carico di ironia e provocazione visiva, in cui l’immaginazione diventa forza sovversiva.
In linea con questa poetica, anche Kinds of Kindness utilizza l’assurdo non solo come espediente narrativo, ma come strumento per decostruire e mettere in discussione le dinamiche umane più profonde, confermando come l’assurdo rappresenti per Lanthimos una chiave privilegiata per interpretare e rivelare le contraddizioni nascoste del reale.
Nel 2025, Lanthimos ha presentato in concorso alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il suo nuovo film, Bugonia. Remake dell’acclamato film sudcoreano Save the Green Planet!, Bugonia esplora attraverso un’ambientazione fantascientifica e paradossale la paranoia e il sospetto di una minaccia aliena infiltrata tra gli esseri umani, proseguendo così la riflessione del regista sui confini labili tra realtà e delirio, sottolineando ancora una volta la fragilità della percezione e la tensione tra controllo e libertà.
L’assurdo per Lanthimos non è solo stile o provocazione, ma una lente deformante che ci spinge a guardare e mettere in discussione la realtà, creando mondi alternativi per farci vedere più chiaramente il nostro.
Una voce singolare nella Greek Weird Wave
Lanthimos è anche uno dei principali esponenti della cosiddetta Greek Weird Wave, movimento nato in Grecia a seguito della crisi economica degli anni 2000. Caratterizzato da un’estetica surreale, da toni disturbanti e da un simbolismo marcato, questo nuovo cinema ha saputo esprimere il disagio di una società in disfacimento. Le sue storie, spesso grottesche e paradossali, rappresentano lo smarrimento dell’individuo di fronte a un mondo privo di certezze.
Nonostante queste radici profondamente greche, Lanthimos ha saputo portare il suo cinema oltre i confini nazionali, senza mai rinunciare alla coerenza stilistica e tematica. Le sue opere parlano un linguaggio universale, pur conservando una forte impronta autoriale, e hanno ispirato una nuova generazione di registi interessati a esplorare l’assurdo come chiave di lettura del reale.