due uomini seduti ad un tavolo che indicano qualcosa

Argentina, 1985, la recensione: il recupero della democrazia

Argentina, 1985, la recensione del film diretto da Santiago Mitre presentato alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, e al cinema dal 23 febbraio 2023.

Cosa succede quando la democrazia assume forme distorte o, peggio, cessa di funzionare come dovrebbe? Cosa accade quando l’ostruzionismo e il potere si scontrano con la giustizia, più determinata che mai a far luce sulla verità?

È tutto ciò che promette di trattare Argentina, 1985, film diretto da Santiago Mitre e presentato in concorso alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. L’opera di Mitre, scritta a quattro mani con Mariano Llinàs, è la prima ad aver affrontato il Juicio a Las Juntas, il Processo alla Giunta Militare Argentina che ha avuto luogo nel 1985 e che ha ufficialmente chiuso il regime instauratosi nel paese 1976 al 1983.

Julio Strassera (Ricardo Darìn), insieme a Luis Moreno Ocampo (Peter Lanzani) e a una squadra legale di giovani pronti a rischiare e a combattere, indaga sui responsabili della più sanguinosa dittatura argentina. Sotto minaccia e contro l’omertà e ogni tipo di ostacolo, Strassera persegue il suo obiettivo fino alla fine, convinto che per le vittime della giunta militare, ancora in attesa di giustizia, sia soltanto il minimo dovuto. Quello contro cui si scontrerà sarà un muro, alzato dai vertici della giunta, fatto di silenzio, di potere e di menzogne.  

Da Violenza nasce Violenza

Da violenza nasce violenza. Con questa insopportabile verità dovette fare i conti il popolo argentino quando Jorge Rafael Videla, quarantaduesimo presidente dell’Argentina fino all’83, con un colpo di Stato conquistò il potere strappandolo alle mani della “presidenta” promessa alla Repubblica, Isabelita Peròn.

Il Processo di riorganizzazione nazionale che diede il nome al governo di Videla non annunciava nulla di buono e, invero, il golpe fu solo l’inizio della lunga serie di crimini contro l’umanità e violazione dei basilari diritti umani con cui oggi si ricordano i sanguinosi cinque anni che seguirono.

Oggi, a decenni di distanza dagli eventi, il regime militarista autoritario viene spogliato del nome di “governo” e ricordato per essere stato una sorta di secondo fascismo. È stato tuttavia essenziale lottare per giungere a questo punto e poter poi girare un film come Argentina, 1985, con un nome è un’incisione da non dimenticare, come il titolo di un capitolo doloroso stampato sui libri di scuola per essere studiato ogni anno.

L’approccio di Mitre, alla regia e alla scrittura, è in effetti quello di un documentarista che vuole ripercorrere le fasi salienti del processo senza cedere a facili licenze romanzate e attenendosi alla realtà attestata (dalle migliaia di documenti che sono stati consultati per la preparazione alla fase di scrittura).

Il risultato è un’opera di estrema sobrietà registica che mira al cuore della storia e della verità con un linguaggio essenziale e con un ritmo serrato e un equilibrio impeccabile fra la dimensione privata e quella pubblica dei personaggi, fra la loro ironia – che mette in risalto la loro umanità – e la gravità, l’inevitabile dramma della materia narrata.

È la struttura stessa a conferire ad Argentina, 1985 questo aspetto calibrato: se in un primo momento Mitre ci permette di immetterci nello spazio intimo e dimestico del procuratore Strassera, consentendoci più di uno sguardo sui rapporti interpersonali con la sua famiglia (ma anche con il suo stesso modo di concepire e di amare il suo paese e la sua famiglia più grande, l’Argentina), nella seconda parte il regista avrà già potuto disarmare lo spettatore e ora ferirlo con il courtroom drama in cui la sua opera si trasforma, riconsegnando alla conoscenza e alla memoria pubblica le parole delle vittime, le uniche preposte alla narrazione della verità e alla memorizzazione.

Darìn, pertanto, è centrale nell’incarnare un uomo che si fa carico di questa responsabilità allo stesso modo in cui, prima ancora, ha scelto di farlo il regista: il suo Strassera non è il singolo contro il gigante (non è solo), ma è senza dubbio il portavoce, il più grande testimone della più grande battaglia per il recupero della democrazia.

Leggi anche: Argentina, 1985, la round table con Santiago Mitre e Peter Lanzani

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Federica Cremonini

Il Voto della Redazione:

8


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