incontro stampa peter lanzani e santiago mitre seduti ad un tavolo

Argentina, 1985, la round table con Santiago Mitre e Peter Lanzani

“Non so se il processo in Argentina dell’85 sia davvero riuscito veramente a curare le ferite”. È una confessione dura quella con cui Santiago Mitre, regista di Argentina, 1985, apre la round table con i giornalisti, in occasione della promozione del film. È un incontro, quello con Mitre e con il suo attore Peter Lanzani, segnato dalla totale trasparenza per quanto riguarda la preparazione, la scrittura e la lavorazione di questo difficile film. 

“La prima cosa da fare era cercare di capire quanto la gente oggi sapesse di questi fatti, quanto ne ricordasse e quanto era rimasto nella memoria collettiva. Capire quanti giovani sapessero l’importanza di quella fase per recuperare la democrazia perduta, quanto era stato importante per recuperarla in tempi rapidi. Ci siamo resi conto che molti avevano perso questa memoria e che, soprattutto le generazioni più giovani, non sapevano cosa fosse successo e non avevano colto l’importanza di questo processo. Mi sono detto che avrei allora dovuto lavorare per queste persone”.

“Andando in giro per il mondo ho notato ultimamente tanti discorsi antidemocratici: in questo momento si sentono tanti giovani mettere in discussione i valori della democrazia, e questo mi rende molto triste, soprattutto in un paese come il nostro, che ha tanto lottato. Avevo quindi capito che il film sarebbe servito anche a regalare un punto di vista sulla democrazia, che pur essendo un sistema imperfetto è ancora a oggi il migliore di quelli a disposizione. Tante persone delle nuove generazioni sono cresciute in piena democrazia, quindi non hanno conosciuto quella che è la non-democrazia”.

Il regista e l’attore spiegano poi qual è stato il motore per la realizzazione di un film con tale rilevanza politica e storica. “Il film, che ha avuto una gestazione lunghissima, per me era stimolante anche da un punto di vista cinematografico: l’idea di realizzare un thriller processuale su un fatto realmente accaduto mi aveva spinto a cominciare le ricerche per fare il film”, afferma Mitre. “Ciò che mi aveva spinto a farlo non era l’idea di realizzare “il film che avrebbe mostrato ai giovani cosa è la democrazia”. Da cineasta, non pretendevo di insegnare le cose agli spettatori. Mi preoccupavo degli aspetti più pratici che riguardano la realizzazione di un film.”

“Io sono nato nel ’90, cinque anni dopo il processo”, aggiunge Lanzani. “Questa è una materia studiata a scuola e tutti sappiamo di cosa si tratta, ma in realtà ho scoperto tantissime cose insieme a Santiago durante la preparazione e la scrittura del film. Abbiamo la responsabilità di raccontare una storia basata su persone e non su personaggi di finzione: per questo si doveva avere tantissima prudenza e cura nella scrittura della sceneggiatura, che in effetti è precisissima.”

Ricardo Darìn, che nel film interpreta il procuratore Strassera, è stato un punto di riferimento di grande importanza per Lanzani.Ho imparato tanto dalle conversazioni con Ricardo Darìn, e questo ci ha aiutato ad accorciare le distanze fra di noi, anche se già ci conoscevamo”, spiega l’attore. “Sul set ho imparato tanto da lui. La prima volta che ho letto la sceneggiatura sono rimasto stupefatto: ho dovuto prendermi del tempo per assorbire le tante cose che avevo letto. Tante cose riguardo la storia non le conoscevamo. Io ho visto il film sette volte e ho pianto tutte e sette le volte. Per me è stato un processo di apprendimento importante e di crescita personale.”

Il regista e sceneggiatore parla anche della preparazione pre-scrittura e nell’approccio a una trasposizione tratta da eventi realmente accaduti, che ha richiesto uno studio approfondito della documentazione a disposizione. “Raccontando questa storia ci siamo presi una responsabilità enorme. Per questo abbiamo lavorato con un gruppo di ricercatori e per due anni abbiamo cercato di leggere tutto ciò che era disponibile. Non solo gli atti processuali, ma anche le conversazioni con le persone coinvolte, dai magistrati ai giudici, ai funzionari, le famiglie delle persone coinvolte e dei testimoni, ai membri delle associazioni per la difesa dei diritti umani, che ebbero un ruolo fondamentale. È stato un lavoro di ricerca enorme, a tratti doloroso. Stando vicino a quelle persone e riuscire a capire la loro prospettiva è stato importante”.

Argentina, 1985 è un film in cui i toni dell’ironia e del dramma convivono senza che uno abbia il predominio sull’altro. “Vedere centinaia di ore del processo è stato qualcosa di difficilissimo e doloroso: a volte dovevamo fermarci perché piangevamo. Quando abbiamo cominciato a incontrare i funzionari del tribunale e i giudici, e quando abbiamo cominciato a parlarci, abbiamo notato che mentre raccontavano le loro storie ogni tanto scappava un sorriso a qualcuno, a volte anche una risatina, pur narrando ricordi dolorosi”, rivela Mitre. “Abbiamo dunque capito che per raccontare una storia così solenne e triste il modo per stemperare la cupezza era proprio l’ironia di alcuni personaggi.”

La coesistenza fra due registri così ben amalgamati è frutto della struttura stessa del film, che si articola in due sezioni. “Volevamo prima introdurre i personaggi dal punto di vista del privato: Strassera è un giudice a cui hanno dato un incarico importantissimo nel processo del secolo, ma prima lo conosciamo caratterialmente e attraverso i rapporti con il figlio, con la moglie, con i ragazzi del suo team. Quando poi arriviamo al processo e alla parte eroica abbiamo già un rapporto con lui. Lo conosciamo già, e sicuramente l’aver sorriso insieme a lui ci avrebbe permesso di arrivare alla parte drammatica con un carico diverso.”

È la stessa trasparenza che ha aperto l’incontro a chiuderlo, quando al regista viene chiesto se dal suo punto di vista un processo come quello narrato nel film sarebbe ancora possibile oggi, nelle stesse condizioni. “Secondo me, purtroppo, abbiamo perso un po’ della spinta di giustizia e di coraggio. In quel momento storico la società voleva fortemente ripristinare la democrazia: il presidente che firmò quel decreto, i giudici, i funzionari del ministero di giustizia, con il loro coraggio resero possibile tutto questo. Temo che oggi si è un po’ perso tutto ciò. Intendo dire che non so se, oggi, la giustizia potrebbe avere la stessa volontà di scontrarsi col potere. In quegli anni lo fece, scontrandosi addirittura con i militari.”

Argentina, 1985 è candidato agli Oscar come Migliore film internazionale ed è attualmente disponibile su Amazon Prime Video, ma secondo il regista e Lanzani la migliore fruizione possibile di un film come questo è nelle sale. “Il film è riuscito a far nascere conversazioni su eventi di cui non si parla più. Film come questi, che affrontano argomenti storici, vanno visti in sala: in mezzo ad altre persone ci sono reazioni forti davanti allo schermo. La reazione del pubblico ha un ruolo fondamentale.”

Leggi anche: Argentina, 1985, la recensione: il recupero della democrazia

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Federica Cremonini


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