Priyanka Chopra Jonas e Richard Madden in Citadel

Citadel, la recensione della serie prodotta dai fratelli Russo

La recensione di Citadel, la nuova di spionaggio prodotta dai fratelli Russo con Richard Madden, Priyanka Chopra Jonas e Stanley Tucci

Le spie, lo insegna 007, s’incontrano sempre sui treni. Succede anche in Citadel, serie spy thriller prodotta dai fratelli Russo per Amazon e interpretata da Richard Madden, Priyanka Chopra e Stanley Tucci. Citadel è disponibile dal 28 aprile su Amazon Prime Video.

La trama di Citadel

Priyanka Chopra Jonas in una scena di Citadel

Un treno lussuoso, una donna vestita di rosso e un uomo che la raggiunge. Non lo sappiamo ancora, ma i due si conoscono: una è Nadia Sihn (Priyanka Chopra Jonas), l’altro è Mason Kane (Richard Madden) e non passa molto tempo prima che sia svelato che entrambi sono agenti a servizio di Citadel, organizzazione speciale di spionaggio internazionale nata con lo scopo di difendere la sicurezza delle persone da un’altra potente agenzia: questa è Manticore, che controlla la scacchiera della geopolitica globale da anni. A seguito di un incidente durante la propria missione, a Nadia e Mason viene cancellata la memoria, come previsto dal programma. L’ex collega a capo di Citadel, Bernard Orlick (Stanley Tucci), è però in grado di rintracciare Kane, ormai immerso nella sua nuova vita e nella sua identità fittizia, e gli affiderà una nuova missione di vitale importanza.

Citadel: un progetto ambizioso

Stanley Tucci in una scena di Citadel

Citadel è una serie dalle grandissime ambizioni, e lo spiegano bene i fratelli Russo durante l’incontro nel quale spiegano che “una cosa così, in televisione, non è mai stata fatta prima d’ora”. Effettivamente, inutile negarlo, sin dai primi due episodi si ha l’impressione che il racconto si dispiegherà su un tessuto narrativo che necessita di ampio respiro, di ampio minutaggio. Il formato seriale è richiesto, ma quasi non basta: Citadel è destinata a diventare qualcosa di più, un puzzle ricco e ben congegnato (a livello produttivo, oltre che narrativo) di storie che esistono indipendenti e che, al contempo, vanno a comporre un universo caleidoscopico di intrighi internazionali ambientati in tutto il globo. Anche questo viene confermato dagli autori e dai produttori: “abbiamo già annunciato la serie italiana e quella indiana. Così Citadel diventa un mosaico raccontato in lingue differenti e mediante diverse culture. Non c’è più solo la prospettiva occidentale. Ci sono molte location: Spagna, a Valencia. Poi Londra. Poi Miami”. È proprio dall’idea di farne una “storia interconnessa”, come afferma Joe Russo in occasione dell’incontro stampa per promuovere la serie in Italia, che Citadel viene concepita.

Una spy story a metà fra Nolan e 007

Richard Madden e Priyanka Chopra Jonas in una scena di Citadel

È dunque dall’intenzione già programmata di costruire un macrocosmo di personaggi, di vicende che si annodano l’una nell’altra, di organizzazioni coesistenti e forse interdipendenti, che Citadel prende vita, come progetto più che come opera singola. C’è qualcosa di famigliare e allo stesso tempo inconsueto, irregolare, nell’apparato narrativo dei primi episodi. C’è l’ennesima riproposizione di uno scenario noto, ai confini dello stereotipo (dalla location naïf, inspiegabilmente lussuosa per essere il vagone di un treno italiano), e insieme la consapevolezza che il punto della storia in cui subentra lo spettatore è già troppo avanti per poter essere compresa nell’immediato: Citadel, infatti, sta già cadendo e il suo sistema è in collasso prima ancora che ci sia consentito conoscerne il background.

È evidente che l’intento sia quello di sfruttare la dualità messa a disposizione dal concetto di spia per impiantare una storia complessa che gioca con le aspettative del pubblico e con la rivoluzione dei tropi narrativi legati al genere di riferimento, quello della spy story. Su carta, almeno. Perché, in realtà, Citadel non è mai in grado di adoperare appieno il cliché in modo davvero autoriflessivo, impegnata com’è nell’emulazione di un linguaggio contemporaneo che deriva dai mondi nolaniani (se ne scimmiotta l’azione e di Tenet si arriva addirittura a copiare il poster) e, andando a ritroso verso la genesi primordiale di tutto un immaginario, bondiani. Ciò che è evidente è che dalle suggestioni dei primi Citadel tragga un registro eccessivamente serio in totale antitesi con i secondi e poco adatto alla rielaborazione accorta dei meccanismi e dei cliché dello spionaggio. Citadel, con il suo ritmo frammentato e indeciso, si prende molto (e troppo) sul serio e il risultato è un prodotto d’azione sostenuto da un budget enorme ma piuttosto prevedibile, non intelligente quanto vorrebbe essere e appiattito su soluzioni drammaturgiche predicibili.

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Federica Cremonini

Il Voto della Redazione:

5


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