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Creed: l’eredità, l’identità e la rinascita di un mito

Creed, la trilogia spin-off con protagonista Michael B. Jordan sull’eredità, l’identità e la rinascita di un mito.

Spin-off e rinascita narrativa e simbolica del leggendario franchise di Rocky, la trilogia di Creed, onora un universo cinematografico profondamente radicato nell’immaginario collettivo dagli anni ’70 a oggi, proiettandolo nel presente con nuova forza e consapevolezza. Ideata dal regista Ryan Coogler, la saga raccoglie il testimone da Sylvester Stallone e lo rilancia portando sul ring non solo una nuova generazione di pugili, ma anche un nuovo pubblico. Creed reinventa il film sportivo intrecciandolo con tematiche drammatiche, sociali e identitarie che riflettono le tensioni contemporanee.

Al centro del racconto c’è Adonis “Donnie” Creed, figlio illegittimo del leggendario Apollo Creed, figura chiave della saga originale. Donnie è un personaggio complesso e stratificato, diviso tra il desiderio di onorare un’eredità che non ha mai conosciuto davvero e la necessità di liberarsi da essa per affermare la propria identità, in lui convivono rabbia e talento, vulnerabilità e ambizione, che ne fanno un protagonista autenticamente umano e profondamente legato nel nostro tempo.

Creed – Nato per Combattere (2015) – La rinascita di un mito

Diretto da Ryan Coogler, Creed – Nato per Combattere, il primo film uscito nel 2015, è un passaggio di consegne calibrato con intelligenza emotiva e rigore stilistico, che riesce nell’impresa di rispettare la memoria della saga originale, mantenendone l’impianto epico e sentimentale, e nel contempo introducendo uno sguardo più moderno e autentico.

La regia si distingue per un approccio immersivo: il long take durante il primo combattimento ufficiale di Donnie è ormai iconico, testimonianza di un cinema che non osserva, ma entra nella lotta. Coogler aggiorna il linguaggio visivo della boxe al XXI secolo, privilegiando il pathos realistico rispetto alla retorica trionfalistica.

Il cuore pulsante del film, tuttavia, resta la relazione tra Donnie e un Rocky Balboa invecchiato, segnato dalla solitudine e dalla malattia, il loro rapporto evolve come un dialogo tra epoche, tra padre putativo e figlio alla ricerca di un’identità. La boxe diventa linguaggio simbolico: ogni pugno è un messaggio, ogni round una confessione, la posta in gioco non è solo la vittoria sul ring, ma la possibilità di essere visti, riconosciuti, amati.

Creed II (2018) – Confronto con il passato

Il secondo capitolo, diretto da Steven Caple Jr., radicalizza il conflitto intergenerazionale, se nel primo film infatti Donnie cercava di affermarsi come individuo, in Creed II è il nome a diventare fardello, e la sfida con Viktor Drago – figlio dell’uomo che uccise Apollo Creed – riporta in scena i fantasmi del passato, trasformando il film in una vera e propria resa dei conti simbolica.

Il duello non è solo sportivo, ma genealogico, Donnie è chiamato a definire cosa significa essere Creed in un mondo che lo osserva come figlio di una leggenda, allo stesso tempo, i Drago non sono più nemici da fumetto dal momento che il film li umanizza, mostrandoli come vittime di una caduta che ha cancellato il loro valore agli occhi del mondo.

Creed II affronta il tema dell’eredità e del riscatto attraverso uno sguardo empatico, e in questo senso, il film problematizza la figura paterna, non più solo come guida o assenza, ma come ombra ingombrante da cui affrancarsi. Può un figlio scegliere il proprio destino, o è intrappolato nella narrazione altrui? La risposta, incerta, abita nelle cicatrici che Donnie si porta dentro.

Creed III (2023) – Il passato che ritorna

Con Creed III, Michael B. Jordan – qui anche regista – porta a compimento l’evoluzione della saga, firmando un’opera che rappresenta l’autonomia definitiva del personaggio. L’assenza di Rocky non è solo narrativa, ma strutturale: segna la maturazione di Donnie come figura autonoma, capace di confrontarsi con le proprie origini senza intermediari.

Il ritorno di Damian Anderson, amico d’infanzia trasformato in avversario per via delle scelte e delle ingiustizie della vita, introduce un nuovo tipo di conflitto: non più legato alla gloria sportiva o al peso del cognome, ma al rimorso, all’irrisolto, alla colpa. Damian è più di un avversario: è il doppio oscuro di Donnie, il “cosa sarebbe successo se”, il prodotto di un’infanzia spezzata e di un sistema che abbandona.

Lo stile registico abbraccia influenze anime (esplicitamente ispirate a Naruto, Hajime no Ippo, Dragon Ball Z), con sequenze visionarie che spezzano la realtà durante i combattimenti. La boxe non è più solo sport, ma rappresentazione teatrale della psiche. Il ring diventa una scena mentale dove i traumi emergono come ombre, e ogni colpo è catarsi.

Creed III sposta così il baricentro del racconto dall’eredità al superamento del passato, è un film sul confronto con se stessi, sull’affrontare i mostri che non sono mai spariti, ma solo sepolti. Il messaggio è chiaro: non si può fuggire da ciò che si è stati, ma si può decidere cosa diventare.

Temi centrali: oltre la boxe

La trilogia di Creed si distingue per una narrazione profonda e stratificata, che va ben oltre il genere sportivo per affrontare temi universali come l’identità, la famiglia, il trauma e l’appartenenza. Il ring, più che un semplice campo di battaglia, diventa il simbolo di un percorso interiore: non è il punto d’arrivo, ma il mezzo attraverso cui i personaggi misurano le proprie fragilità, elaborano il passato e si confrontano con le complessità del presente.

Al centro di questa narrazione si colloca il viaggio esistenziale di Adonis Creed, figlio di una leggenda, ma cresciuto nell’assenza paterna, il suo cammino è segnato dalla tensione tra la necessità di onorare un’eredità pesante e il bisogno di costruire una propria identità. Creed diventa così anche una riflessione lucida e potente sulla mascolinità nera contemporanea: un’identità attraversata da forza e vulnerabilità, plasmata da pressioni sociali e da un profondo desiderio di autenticità.

In parallelo, la trilogia esplora in modo articolato il tema della famiglia, declinandolo in molteplici forme: quella biologica, quella adottiva e quella scelta. Donnie cresce con Mary Anne, la vedova di Apollo, trova in Rocky una figura paterna e costruisce con Bianca una nuova dimensione familiare. La famiglia, in Creed, è spazio di sofferenza e di amore, di fratture e di ricomposizioni, ed è nel nucleo affettivo, fragile ma vitale, che si annidano le ferite più profonde e, insieme, le possibilità di guarigione.

Accanto al tema familiare, emerge con forza quello del trauma, ogni personaggio è segnato da esperienze dolorose: la perdita, la malattia, la prigione, il senso di colpa con la boxe che assume così un valore simbolico e catartico: è il linguaggio attraverso cui si affronta ciò che non si riesce a esprimere a parole. Tuttavia, il vero combattimento non si svolge sul ring, ma dentro sé stessi, nei rapporti umani, nelle scelte difficili e nei silenzi che pesano più dei colpi.

Infine, pur senza mai diventare esplicito o didascalico, il tema razziale attraversa l’intera trilogia come una presenza costante. Adonis, uomo nero in un mondo che spesso lo guarda attraverso il filtro di stereotipi e aspettative, si ritrova a dover dimostrare costantemente il proprio valore. La sua ascesa oltre che personale diventa l’emblema di un riscatto collettivo, un’affermazione silenziosa ma potente della dignità, del talento e della complessità dell’identità afroamericana, con Creed che racconta non solo il percorso di un uomo, ma anche quello di una comunità e di un’intera cultura.

L’eredità culturale di Creed

La trilogia Creed oltre ad essere un successo commerciale e critico è anche un autentico caso culturale che ha saputo raccogliere l’eredità del franchise di Rocky, uno dei più iconici nella storia del cinema americano, senza mai cadere nella nostalgia fine a sé stessa. Creed di fatto ha rinnovato profondamente quel patrimonio narrativo, adattandolo al presente con intelligenza e sensibilità, e il risultato è un’opera che non tradisce lo spirito originale, ma lo espande, lo aggiorna e lo reinterpreta alla luce delle nuove urgenze sociali, culturali e identitarie del XXI secolo.

Attraverso una narrazione consapevolmente inclusiva, un’estetica visiva moderna e dinamica, e interpretazioni emotivamente coinvolgenti, la trilogia ha dimostrato come anche un genere codificato e spesso considerato prevedibile come quello del film di boxe possa evolversi. Creed ha saputo coniugare tradizione e innovazione, emozione e impegno, offrendo al pubblico non solo spettacolo, ma anche profondità tematica. L’esperienza del ring diventa così il tramite per raccontare temi più ampi: identità, riscatto, relazioni familiari, appartenenza culturale.

In un panorama cinematografico saturo di reboot, sequel e operazioni nostalgia, Creed rappresenta un raro esempio di continuità creativa autentica. Non si limita a ripetere formule già viste, ma si afferma come una nuova voce nel solco di una storia preesistente, è una saga sul combattimento, certo, ma inteso nel senso più ampio e universale: la lotta per essere visti, per trovare un posto nel mondo, per riconciliarsi con il passato e costruire un futuro.

L’eredità di Creed si misura anche nella sua capacità di parlare a una nuova generazione di spettatori, più attenta alle questioni identitarie, rappresentative e sociali, contribuendo così a una trasformazione più ampia del linguaggio cinematografico contemporaneo. Creed è molto più di una trilogia sportiva: è un manifesto narrativo dell’oggi, capace di combinare cuore, tecnica e visione.

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Emanuela Giuliani


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