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“We Are Who We Are”: Luca Guadagnino racconta la sua serie Tv dal 9 ottobre su Sky – Incontro Stampa

“We Are Who We Are”: Luca Guadagnino racconta la sua serie Tv dal 9 ottobre su Sky – Incontro Stampa

Debutterà il 9 ottobre su Sky, e in streaming su NOW TV, la serie originale Sky Original coprodotta da Sky e HBO, We Are Who Are”, diretta del candidato al premio Oscar Luca Guadagnino, qui in veste sceneggiatore assieme a Paolo Giordano e Francesca Manieri, nonché di showrunner e produttore esecutivo.

“E’ stato un grande atto di tracotanza da parte nostra pensare e scrivere una serie in un America in Italia” – ha dichiarato lo Paolo Giordano nel corso dell’incontro stampa in diretta streaming – “Per questo ci siamo completamente affidati a Luca che ci ha aiutato a trasmettere e sentire tutto questo nella libertà dell’adolescenza, nella scrittura e nella regia.”

“Strehler diceva che se non ci si innamora mentre si fa quello spettacolo, lo spettacolo viene buttato via, e questa è stata una serie per noi che ci lavoriamo da tanto di innamoramenti” – ha aggiunto Francesca Maniero“Sicuramente ho avuto un innamoramento per Paolo in merito alla scrittura, per Lorenzo che ha creduto in questo progetto per anni cecamente, e poi ce l’ho avuto per Luca e per quella visione. Io ricordo sempre quando cercavano di costruire un linguaggio comune e lui, che è la precisione fatta persona, tanto che le sue riunioni possono durare anche solo 40 secondi, ma te invece, nel cercare di capire quel mondo, hai la sensazione che siano passati 5 giorni, disse: “Ma davvero non avete visto ‘A nos Amour’ di Pialat? Allora vedete ‘A nos Amour’ poi ne riparliamo, quelle sono le mie note”.  Noi allora abbiamo visto ‘A nos Amour’ e quelle erano le note. Da lì ci siamo accordati, c’è stato un riconoscimento di coscienze da cui è partito un grande cammino, che per me è stato una grande tappa.”

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Una storia di formazione con protagonisti due adolescenti americani che, insieme alle loro famiglie composte da militari e civili, vivono in una base militare americana in Italia. La serie parla di amicizia, di primi amori e di tutti i misteri dell’essere un adolescente. Una storia che ogni giorno si ripete in ogni parte del mondo, ma che in questo caso avviene in un piccolo scorcio di Stati Uniti in Italia. La serie fa parte della selezione ufficiale della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2020 e sarà presentata in prima mondiale al Festival internazionale del cinema di San Sebastián.

Prodotta da Lorenzo Mieli per The Apartment e Mario Gianani per Wildside, entrambe del gruppo Fremantle, con Small Forward, insieme a Guadagnino, Elena Recchia, Nick Hall, Sean Conway e Francesco Melzi d’Eril.

“L’idea è nata tanti anni fa dopo aver rivisto ‘Boys don’t cry’. E da lì ho iniziato a chiedermi perché mi piacesse così tanto quel film” – ha svelato Lorenzo Mieli amministratore delegato di The Apartment“Mi piaceva perché raccontava l’idea di una trasformazione di natura sessuale di una ragazza a uomo durante il periodo dell’adolescenza, ed io quella confusione e trasformazione sentivo che c’era qualcosa di veramente esplosivo e complesso, così sono partito da li. Ovviamente il lavoro del produttore è quello di portare queste idee a chi le possa sviluppare, così è partito questo processo prima nelle mani di Paolo, poi di Francesca e finalmente in quelle di Luca, ed è diventato quello che è ora, che interessa il cuore dell’adolescenza, una dimensione che non si conosce molto e che pervade anche i personaggi adulti.”

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“Dalla prima conversazione con Lorenzo fino alle successive con Paolo e Francesca, avevamo riflettuto sul luogo di questa storia di identità, e forse per una forma di disciplina mentale in cui mi interessa molto trovare una porzione piccola da dominare da cui poi tentare di essere universali, è nata l’intuizione della base militare. Un luogo questo per l’appunto relativamente piccolo, ma che presenta delle caratteristiche che possono essere declinate in senso universale, a differenza invece dell’identità americana, con l’aggiunta inoltre dell’elemento della disciplina, della risposta ai comandi o della trasgressione degli studenti stessi” – ha affermato Luca Guadagnino“Per questi motivi la base militare poteva funzionare ed essere l’America. Essendo poi una sorta di navicella che si poggia sul terreno veneto, poteva permetterci anche di mostrare la penetrabilità del dentro con il mondo esterno. Un relazionarsi che può essere di natura organica come la resistenza degli adolescenti, e che può appartenere anche degli adulti. Per quanto riguarda il tempo invece, la riflessione è stata fatta sempre per una questione di controllo, se parliamo di contemporaneità abbiamo sempre bisogno di una distanza che permetta alla narrazione di integrarsi con la realtà. Inoltre, la situazione relativa alle elezioni presidenziali americane del 2016 era qualcosa di veramente ghiotto per farsela sfuggire.”

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“E’ stata un’impresa complessa e piacevolissima, e far quadrare l’autenticità della rappresentazione è stata la causa di molti mal di testa. Il casting è stato fatto con Carmen Cuba, una grande casting director americana, la quale, tra l’altro, si è anche occupata di quello di ‘Stranger Things’” – ha proseguito il regista di “Chiamami col Tuo Nome” “Il nostro obiettivo era quello di avere non solo un gruppo di attori straordinari, bensì di presenze non banali. Il mio segreto è di capire se mi sono innamorato degli attori con cui sto lavorando e devo dire che sono poliamoroso, perché li amo tutti. Quando abbiamo immaginato la nostra base, l’abbiamo cercata su e giù per l’Italia, e nel momento in cui ho visto questa piccola base tra Padova e Chioggia mi è sembrato subito evidente che sarebbe stata quella.”

“In ‘We Are Who We Are” sono presenti molti camei famosi, e questo perché nel corso delle riprese sono venuti a trovarsi diversi attori, come Timothée Chalamet” – conclude Guadagnino “Quando abbiamo finito nel vedere il prodotto finito, ci siamo resi conto che era quasi ermafrodito, perché aveva una scansione non ortodossa. Secondo un punto di vista seriale funzionava, ma vedendo tutti gli episodi insieme, per 8 ore filate senza interruzione, ci è sembrato una sorta di lungo film ibrido e bi – fronte, molto piacevole da seguire. Spero davvero di poter realizzare una seconda stagione, ovviamente assieme a tutti loro.”

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