Profeti – Incontro Stampa: il Medio Oriente e l’Occidente si ascoltano

Dopo aver raccontato la vicenda di Stefano Cucchi in “Sulla mia Pelle”, Alessio Cremonini torna sul grande schermo il 26 gennaio con: “Profeti”, in cui affronta la prigionia, i diritti delle donne, il Medio Oriente, la religione e lo scontro di civiltà.

Tematiche estremamente attuali che trovano il proprio fulcro nel confronto tra Sara (Jasmine Trinca), una giornalista italiana andata in Medio Oriente per raccontare la guerra dello Stato Islamico, e Nur (Isabella Nefar), una foreign fighter radicalizzata a Londra che ha sposato un miliziano e ora vive nel Califfato.

Combatto per i curdi, per la libertà e per le donne. In Medio Oriente, se sei una donna, devi imparare a difenderti il prima possibile. Qui, la maggior parte dei regimi è basata sulla sottomissione, sull’oppressione delle donne. È per questo che le uniche persone che possono cambiare questa mentalità sono le donne.”

E’ con queste parole, pronunciate da una combattente curda intervistata da Sara che ha inizio il film. Parole che inevitabilmente portano la mente su quanto sta accadendo in Iran.

SINOSSI

In “Profeti” Sara viene rapita dall’Isis e in quanto donna, in quanto essere inferiore che ha dignità solo se sottomessa al maschio, non può stare in una prigione dove sono presenti anche degli uomini. Per questo motivo viene data in custodia ad una sua “pari”: ad una donna: Nur.

Nur diventa di fatto la sua carceriera, e la casa di quest’ultima la sua prigione. Ma sarà proprio quella casa nel mezzo di un campo di addestramento dello Stato Islamico il luogo dove Sara e Nur si confronteranno.

Un confronto quasi impossibile che si trasforma in una guerra psicologica mentre attorno scoppiano le bombe e i nemici vengono bruciati vivi per vendetta. Un confronto fatto di silenzi, di sottili ricatti, e dal progressivo tentativo di Nur di convertire Sara.

“Il film molto probabilmente è racchiuso in un’immagine, quella che vede Jasmine sotto la coperta che rappresenta l’assenza, l’espressione più alta di un rapimento e che esprime la mia esigenza di raccontare l’assenza di qualcuno coprendolo” – spiega Alessio Cremonini nel corso dell’incontro stampa avvenuto in occasione della presentazione in anteprima di “Profeti”.

“Credo che le coperte facciamo parte del meccanismo molto vano di dominare, annullare l’altro, una persona, una donna, un intero paese, e il modo migliore per farlo è per l’appunto di non farlo vedere, di farlo sparire. E’ la sintesi più brutale e primitiva del burka e de niqab, dal momento che se si toglie la visione di una persona questa non esiste, l’obiettivo è di chiudere, reprimere, coprire, e di conseguenza la coperta mi sembrava la cosa più semplice per rendere questa assenza in questo film sull’assenza e su Dio, che è qui è un grande assente.”

“Raccontare le donne è un mio interesse, e l’ho fatto con la prigionia, altro tema che mi interessa. Di solito viene imprigionato chi è più fragile, più debole, e può essere uno stato, un ideologismo, un gruppo di persone, ma è chiaramente qualcuno di più forte dal punto di vista sia fisico che psicologico” – conclude il regista.

Protagonista di “Profeti” Jasmine Trinca due volte David di Donatello come Migliore attrice e Premio Un Certain Regard per la migliore interpretazione femminile al Festival di Cannes – affiancata da una sorprendente Isabella Nefar.

“Sono state tante le emozioni, è un film che ha tante facce, tante persone sulla linea dello sguardo, e stare sotto quella coperta è stato andare nella direzione della storia, che naturalmente è di finzione e si ispira a tanti avvenimenti” – dice Jasmine Trinca in merito “Profeti” “Ho avuto la possibilità di parlare con un giornalista che è stato rapito in Siria e in merito alla sua prigionia ha raccontato proprio questo senso di vuoto, mancanza che sono riuscita a trovare anche stando sotto la coperta. E’ stato interessante perché rispetto ai racconti che si fanno nel cinema di immagini e luce, questo invece è proprio la privazione dell’immagine, con piccolissimo accesso che Sara apre fino al momento della sua conversione se vogliamo.”

“Il lato interessante del percorso del mio personaggio credo sia proprio la perdita di senso che ritrova poi un altro orizzonte. Mi piaceva anche molto, portare una piccola presunzione da giornalista occidentale, lo sguardo su quel mondo di una donna che pensa di conoscere quella realtà, e che dice ad una donna che vive li come deve trovare la propria libertà senza, senza rendersi conto che, al di la del fanatismo religioso sul quale il giudizio è unanime e senza appello, tutte noi, tutte le donne del mondo in qualche modo sentono esercitato addosso un potere, uno sguardo che è abbastanza simile. Potere che viene abusato da una religione e che l’assetto sociale continua a porre con il patriarcato” – continua la Trinca.

Profeti - Incontro 1

“Per quanto mi riguarda ho cercato di riportare una mancanza di pregiudizio su quel mondo, su quelle donne e sull’incontro con Nur che è poi diventato un incontro di ascolto oltre che di parole, di poche tesi recitate perché Alessio ha riempito il suo film di silenzi recitati e di assenza. Le parole che sono state messe vengono dette con molta esattezza, essenzialità, quindi non ce ne è mai una di troppo ne una di meno.”

“La consapevolezza di essere in una posizione di privilegio, nonostante io m faccia mille fracassate di testa sulla condizione femminile, mi spinge a continuare ad essere consapevole di come il mio sguardo di donna occidentale su una donna medio orientale ha poco potere di parole. Quello che ci insegna il film è una rivoluzione dove le prime a scendere in piazza sono le donne, e non come farei io, bensì con un gesto, un atto che può costare loro la vita di fronte alla polizia, e mi imbarazza parlarne perché sono una donna con una posizione di privilegio.”

Qui il Trailer

“Alessio apre il suo film con la presa di parola di una guerrigliera curda e non dobbiamo dimenticarci che in medio oriente in prima fila ci sono soprattutto le donne, che liberano città rimettendoci la vita” – continua la Trinca. “Interpretare una giornalista italiana che va li ad insegnare che cosa è essere una donna devo dire che è un bel cortocircuito e Alessio riesce perfettamente a mettere in discussione anche le cose su cui fondiamo la nostra superiorità di opinione e di appartenenza. Noi donne fondamentalmente siamo tutte vittime di una cultura che ci ha fatto ingoiare la non solidarietà femminile, ma penso che le donne si aiutino perché conoscono la condizione in cui ci troviamo tutte.”

“Per quanto riguarda il momento della conversione, quando ho letto la sceneggiatura io continuavo a ripetere che con la capivo. Ma in realtà non c’è nulla capire dal momento che in fondo è un arrendersi a una specie di chiamata che non ti aspetti e viene da una religione con cui Sara è entrata in contatto per mezzo della la sua carceriera. C’è nel film un contino ribaltamento di punti di vista e mi pensare che questo film partendo dalla prigionia parla poi di libertà, e di una donna che si racconta ciò che crede di essere.” – conclude.

“Ciò che interessava a me quando ho letto la sceneggiatura, era capire questo senso di non appartenenza che lei ha prima di diventare una foreign fighter e quindi ritrovare tutte quelle motivazioni che portano tutti i foreign fighter a non appartenere a niente o comunque ad avere un conflitto interiore che li spinge poi ad appartenere a qualcosa” – afferma Isabella Nafar chiudendo l’incontro di “Profeti” – “E’ stato il primo studio che ho dovuto fare, e che in qualche modo risuonava anche in me dal momento che appartenendo a culture diverse non mi sono mai sentita ne dell’una ne dell’altra. Credo che il film voglia porre una luce importante su come due donne così lontane l’una dall’altra ma con un passato molto simile e che hanno fatto delle scelte molto diverse trovano delle comunioni. C’è una grande riflessione, uno spazio per le donne, ovvero ascoltarsi, non solo parlare ma ascoltarsi.”

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Emanuela Giuliani


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